Fare A/B testing fa la differenza, specie in una piattaforma costosa come LinkedIn Ads. Le variabili più importanti da testare sono, in ordine: i lead magnet, gli obiettivi di campagna, le audience di targeting, le creatività, i posizionamenti, e le strategie d’offerta.
Fai fatica ad ottenere risultati con LinkedIn Ads? Hai provato a fare A/B testing ma non sai che ordine seguire? In questo post ti mostrerò come ottimizzare le tue performance di LinkedIn Ads testando tutti i principali elementi da considerare nelle campagne, dai pubblici all’offerta, passando per gli elementi creativi.
Perché l’A/B testing è importante anche su LinkedIn Ads?
L’A/B testing è il processo di confronto tra due versioni di un certo elemento pubblicitario, come ad esempio un testo o un’immagine, per determinare quale ha un rendimento migliore.
99Firms riporta che addirittura il 77% delle aziende esegue A/B test sul proprio sito web, mentre circa il 60% esegue A/B test sulle proprie landing page.
Con la stessa logica delle altre attività di web marketing o social advertising, anche fare A/B testing su LinkedIn Ads è fondamentale.
Soprattutto avendo in mente l’entità dei costi di LinkedIn Ads, sappiamo quanto sia facile “farsi male” con i calcoli e la competizione crescente degli inserzionisti B2B. Per questo il testing è una componente ancora più cruciale per ogni campagna di successo su questa piattaforma.
La prima cosa da ricordare è che l’A/B testing è un processo che segue il metodo scientifico:
parte da un’ipotesi, conduce un esperimento controllato per dimostrare o smentire l’ipotesi e ottiene dati concreti, per dare supporto a decisioni future o ulteriori esperimenti.
Il contrario del procedere per supposizioni o impressioni personali.
Cosa vale la pena testare e in quale ordine
Possiamo fare diverse ipotesi per migliorare i risultati di una campagna:
«È meglio usare il criterio “Qualifica” o “Funzione lavorativa” per intercettare al meglio la mia buyer personas?».
«Quale titolo presente sulla mia grafica funziona meglio tra questi due?».
Variabili come il testo introduttivo, il titolo, le immagini, i criteri di targeting (come le Competenze rispetto alle Qualifiche), possono influenzare il fatto che qualcuno clicchi o meno su un annuncio. Così come la call-to-action (CTA), il formato dell’annuncio, la strategia di offerta, ecc…
Tra tutti i fattori considerabili in un A/B test su LinkedIn Ads, quelli che secondo me ricorrono nella maggioranza delle campagne sono:
Monitorando (e prendendo nota) dell’effetto che la modifica di una sola variabile ha sulla risposta degli utenti, i test A/B possono aiutarti a isolare e capire come costruire le campagne future, nell’ottica di un apprendimento continuo.
In astratto non esiste un ordine specifico per testare le variabili su LinkedIn Ads, perché cambia a seconda di priorità e obiettivi di business.
Detto questo però, già isolando queste 5 variabili principali, abbiamo fatto un elemento di selezione.
Andiamo più nel dettaglio.
L’offerta
Mi sbilancio:
l’offerta è forse il fattore più importante per determinare il successo della vostra campagna di lead generation su LinkedIn Ads.
Con “offerta” intendo l’elemento commerciale e strategico che attira i potenziali lead come api sul miele. Il classico “lead magnet”.
Tra i vari esempi che sono efficaci su LinkedIn (anche in organico!) abbiamo webinar gratuiti, ebook, whitepaper, casi di studio, checklist, modelli, quiz e altro ancora.
Se abbiamo disponibilità, la cosa migliore è quella di testare lead magnet diversi tra loro (per idea di fondo, per argomento) per vedere quale tra questi funziona meglio.
Se abbiamo solo un solo lead magnet, spesso la differenza la fa anche solo testare diversi titoli dello stesso lead magnet, oppure fare solo modifiche di “angolatura”.
Un esempio? Per un cliente importante che produce macchinari per le cartiere e aveva un ebook dedicato alle strategie per la sostenibilità, abbiamo presentato lo stesso eBook con i seguenti titoli:
- “Sustainability: Challenges, strategies, and solutions for the tissue industry”
- “Sustainability for the tissue industry: 6 upcoming opportunities and feasible improvements”
- “Lead the way in sustainable tissue manufacturing”
Nella mia esperienza, la cosa decisiva dell’avere un lead magnet efficace è che se si tratta di un contenuto che le persone vogliono davvero (che risponde quindi ad un bisogno preciso e offre un effettivo valore), si possono commettere degli errori ma avere comunque una campagna di successo.
L’obiettivo
Testare gli obiettivi è fondamentale da un punto di vista strettamente tecnico, perché sarà sulla base delle indicazioni che diamo a questo livello che LinkedIn andrà a mostrare i nostri annunci.
Troverà le persone che hanno maggiore probabilità di compiere l’azione che chiediamo che facciano (ad esempio se interagire “solamente” coi nostri contenuti o effettuare già una conversione).
Ad esempio, uno dei dilemmi classici di chi fa gestione campagne LinkedIn è: meglio il Lead Generation Form o la landing page?
Meglio un form nativo dentro la piattaforma oppure portare le persone su una landing page attraverso una campagna “conversioni”.
La scelta di utilizzare uno rispetto all’altro dipende dagli obiettivi e dalle priorità dell’azienda che fa advertising.
Solitamente i moduli di generazione di contatti generano un volume più elevato e meno costoso di lead ma spesso di qualità inferiore, mentre i lead di un sito web sono solitamente più costosi ma di qualità superiore dal punto di vista commerciale.
Perciò se il tuo obiettivo è generare lead in modo rapido ed economico, i Lead Gen Form possono essere una buona opzione. Se l’obiettivo è invece fornire maggiori informazioni già di carattere commerciale, e creare un’esperienza utente più personalizzata, una landing page può essere una scelta migliore.
Si tratta oltretutto di un test utile per vedere come si comporta la landing page di fronte a due alternative di traffico: se il vostro form alla fine del percorso di vendita converte al 25% e la vostra landing page al 10%, probabilmente avrete un problema di design o un problema tecnico (spesso di velocità di caricamento) con la vostra landing page.
Nella mia esperienza, per la vendita le landing page tendono a funzionare meglio, a patto però che siano ottimizzate alla perfezione e che il budget per le ads sia alto.
Audience Targeting
Prima di iniziare a testare gli elementi creativi, devi assicurarti di rivolgere le tue campagne al pubblico giusto, soprattutto perché su LinkedIn il pubblico è tutto.
LinkedIn offre una serie di opzioni di targeting del pubblico, tra cui qualifica (job title), funzione lavorativa, anzianità, dimensioni dell’azienda, settore e altro ancora.
La cosa migliore è utilizzare una combinazione di queste opzioni per creare diversi segmenti di pubblico da testare.
Faccio un esempio semplicissimo: se la tua azienda è una SAAS (Software-as-a-service) e si rivolge ai responsabili marketing, potresti testare contemporaneamente due segmenti di pubblico: uno basato sulla qualifica (ad esempio “Marketing Manager”, “Marketing Director”, “CMO”) e uno basato sulla funzione lavorativa (ad esempio “Marketing”).
In questo modo confronterai le due opzioni e capirai quale attributo di targeting permette più economicamente di intercettare il tuo utente target. Con la stessa logica potrai fare combinazioni più avanzate, mixando le caratteristiche personali della tua buyer persona con quelle della sua azienda di riferimento.
Gli attributi che personalmente utilizzo più spesso sono, per le caratteristiche personali qualifica, competenze, anzianità, funzione lavorativa, tratti.
Per le caratteristiche aziendali per lo più dimensioni dell’azienda e settore.
Una “regola del pollice” (rule of thumb, come dicono gli americani) è quella di utilizzare pubblici tra i 50.000 e 100.000 utenti, per permettere alla piattaforma di distribuire in modo valido, ma d’altra canto per creare pubblici con una sufficiente granularità da dare indicazioni chiare a livello di test.
Elementi creativi
Dopo aver ottimizzato il targeting di pubblico, è il momento di iniziare a testare gli elementi creativi. Su LinkedIn troviamo, all’interno dello stesso posizionamento titoli, descrizioni, immagini, video, moduli interattivi, documenti sfogliabili (nel formato Document Ads), ecc…
Anche in questo caso però, la cosa difficile è capire l’ordine di priorità degli elementi da testare.
Il LinkedIn Marketing Lab (e io sono tendenzialmente d’accordo) suggerisce che l’aspetto visivo è l’elemento creativo più rilevante per gli utenti, che si tratti di immagini o video. Il visual è quello che colpisce, e “abilita” lo sforzo dell’utente nel leggere anche i testi.
Per altri però, come AJ Wilcox di B2Linked, la variabile più importante per gli annunci di LinkedIn è il titolo (headline). Lui consiglia di iniziare i test creativi facendo diverse variazioni di titoli e, una volta individuato il titolo vincente, passare a testare gli altri elementi creativi.
Nella mia esperienza è vero che cambiare la prima riga del testo può spesso avere un grande impatto, così come modificare il titolo presente nei visual, che per me è sempre la prima cosa sui cui lavorare.
Test dei posizionamenti
Un’altra variabile importante da testare è il posizionamento dell’annuncio, da decidere a livello di campagna (al contrario di quanto accade dentro Meta, che spesso fa stabilire a livello di “inserzioni”).
LinkedIn offre diversi formati di posizionamento degli annunci, come contenuti sponsorizzati, messaggi sponsorizzati, annunci testuali, ecc… Anche questa variabile fa una grande differenza a livello di risultati.
Nella mia esperienza, ma anche in quella di tanti esperti nella gestione campagne LinkedIn, i contenuti sponsorizzati sono il posizionamento che tende a funzionare meglio tra tutti gli altri.
A seconda poi delle opzioni, degni di nota sono anche l’annuncio documento e l’annuncio video.
L’annuncio di testo invece può dare grandi soddisfazioni a livello di retargeting, anche a bassi budget.
Non resta anche qui che fare solo una cosa: testare, testare, testare!
Bidding
LinkedIn offre tre tipi di offerte (“bidding”), e anche queste possono essere soggette a test per abbassare i costi: ci sono la Massima diffusione, il Limite di costo, e l’Offerta manuale (ottimizzata).
- La “Massima diffusione” è un’opzione di bidding completamente automatizzata in cui è LinkedIn che stabilisce l’offerta: si tratta dell’opzione più indicata quando siamo meno esperti e quando si desidera votare l’intero budget a raccogliere risultati, senza eccezioni.
- Con il Limite di costo, impostiamo un’offerta preferita per l’asta e LinkedIn cerca di ottenere il maggior numero di risultati possibili avvicinandosi al costo per risultato specificato.
- L’asta manuale infine consente agli inserzionisti di stabilire l’importo massimo dell’offerta che sono disposti a pagare per il risultato (costo per clic o costo per impression più di ogni altro).
Di solito funziona molto bene “stressare” la piattaforma, non accettare solo l’opzione automatizzata del bidding, quella della “Massima diffusione”.
Consiglio spesso di utilizzare l’offerta manuale, per evitare di affidare a LinkedIn alcun controllo o potere sulla distribuzione, dato che ancora nel 2023 è una macchina ancora “lenta” e non perfetta nell’allocazione dei budget.
Uno dei metodi, ad esempio, è quello di verificare su quale range la campagna sta giocando la propria asta. Nel caso mostrato nello screenshot, ad esempio, il minimo è 3.80€; in questo caso cominciare a indicare 3.85€ permetterà di intercettare i clic più economici, per partire.
Perciò un test che si può fare è quello di aumentare gradualmente la spesa pubblicitaria a partire dall’estremo “basso” del costo per clic (in questo caso) fino a raggiungere la spesa del budget desiderato, addebitando sulla base dei clic reali. E confrontare quantità e qualità dei contatti generati così con quelli generati da una campagna in “massima diffusione”.
Il budget e il bid lavorano insieme, quindi se l’offerta è troppo bassa e non ci sono molti clic, il budget non verrà speso. E ovviamente dovete stabilire un budget giornaliero per poter usare questa opzione.
Come questa opzione di test ce ne sono anche altre: anche qui la parola d’ordine è sempre “testare!”.
Le metriche (KPI) principali per valutare i test
Quando devi valutare un test A/B di LinkedIn Ads, puoi confrontare diversi indici per misurare i risultati, ma le metriche chiave (KPI, “Key Performance Indicator”) dipendono prima di tutto dall’obiettivo scelto per la campagna.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è costruire notorietà / brand awareness, dovrai monitorare metriche come costo per mille impressions (CPM) e impressioni, clic, tasso di clic sulle creatività (CTR) e tasso di interesse medio. Se l’obiettivo è invece generare lead e conversioni, sarà fondamentale guardare il costo per risultato.
Ci sono però 2 metriche trasversali, che sono presenti in tutti i tipi di A/B test di cui vi abbiamo parlato:
- Il CTR, “click through rate”, ossia il numero di clic diviso per il numero di impressioni, la metrica principe per segnalare la capacità del nostro annuncio di attirare l’attenzione
- Il tasso di conversione (o CvR, “conversion rate”), il numero di volte che qualcuno ha compiuto l’azione desiderata diviso per il numero totale di persone che hanno cliccato su un annuncio. Questo ci segnala invece la capacità di ottenere interesse vero e verificabile da parte degli utenti.
E’ decisamente meglio concentrarsi sulle conversioni piuttosto che sui clic (soprattutto su un social dove i clic costano moltissimo) poiché i clic non portano necessariamente a conversioni.
Come condurre un test e quanto farlo durare
Da “accademia” del web marketing, un A/B test vero prende in considerazione una variabile alla volta, per verificare se questa impatta i risultati e le metriche che stiamo monitorando con le nostre campagne.
Perciò:
- stabilisci un’ipotesi di test, a partire dalle variabili citate in precedenza (eventualmente in quell’ordine di priorità) e tieni traccia.
- Di seguito progetta due campagne pubblicitarie identiche, se non per la variabile isolata nell’ipotesi.
- Falle girare contemporaneamente per un certo periodo di tempo e poi controlla se ci sono risultati evidenti, che permettono di identificare un pattern, una tendenza che possiamo apprendere.
La segnalazione di LinkedIn stesso è che il tempo minimo per eseguire un test A/B è almeno di due settimane, ossia il periodo sufficiente per disporre di un ampio campione di dati, perché i risultati dei test siano significativi e diano indicazioni valide per migliorare le prestazioni in futuro.
Avere evidenze chiare, e non viziate dal caso, è particolarmente importante su una piattaforma come LinkedIn Ads che – a causa dei costi alti, e nel caso in cui non si investano cifre importanti – è piuttosto “lenta” a macinare dati, diversamente da quanto accade per esempio su Meta.
Puoi infine testare più varianti contemporaneamente utilizzando gli strumenti di rotazione degli annunci di LinkedIn, anche se – a regola – l’A/B testing e la rotazione degli annunci con più varianti sono strumenti utili per scopi diversi: l’A/B testing è utile per testare diverse tipologie di ipotesi (dall’obiettivo, al targeting, al bidding) mentre la rotazione degli annunci con più varianti è utile per testare diverse versioni di opzioni creative allo stesso tempo, quindi solo per un tipo solo di variabile.
Sull'autore
- Sono un Social Media Advertising Specialist, con un focus in particolare su Facebook, Instagram e LinkedIn. Il mio lavoro è quello di aiutare aziende e organizzazioni a mettere ordine nella propria Social Media Strategy e renderla utile e profittevole.
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